Quattro colpi di arma da fuoco, la disperata rincorsa in ospedale, la constatazione del decesso. Valentina da Luz Guebuza era la figlia dell’ex-Presidente del Mozambico, Armando Emílio Guebuza. La rivista internazionale Forbes l’aveva classificata fra le 20 giovani donne più influenti dell’Africa, ripercorrendo il modello di Isabel dos Santos, la figlia di Eduardo dos Santos, da quasi quarant’anni Presidente angolano.
Valentina Guebuza aveva 36 anni ed era sposata da un paio di anni con Zófimo Muiuane, un dirigente della Mcel, l’impresa pubblica di telefonia mobile del Mozambico, con cui aveva avuto una figlia che oggi ha circa un anno e mezzo. Pochi giorni fa, il 14 dicembre, Valentina è stata uccisa dal marito con quattro colpi di pistola all’interno della propria casa. Sono molte le speculazioni che si fanno a proposito di questa morte illustre, inaspettata e che ha colpito l’opinione pubblica mozambicana e africana, soprattutto a causa del successo imprenditoriale che Valentina Guebuza aveva avuto sino a oggi. Ma la certezza è una sola: la violenza dell’atto che ha tolto la vita a una giovane donna, madre di una bambina piccolissima, che sarà orfana di madre e che saprà che chi le ha tolto la vita è stato il padre.
La famiglia Guebuza è una delle più potenti in Mozambico, e Valentina rappresentava la figlia prediletta del padre ex-Presidente e grande impresario, colei che meglio di tutti gli altri figli ne aveva seguito le orme. Naturalmente non erano mancati toni polemici da parte di un significativo segmento della società civile, visti i frequenti conflitti di interessi fra sfera politica e sfera economica privata che avevano caratterizzato l’intera azione governativa di Guebuza, uscito dalla presidenza della repubblica per fine mandato nel 2014.
La famiglia Guebuza aveva un poderoso apparato di sicurezza, guardie del corpo armate fino ai denti, autisti e altre figure che avrebbero dovuto garantirne l’incolumità. Tanto più in questa delicatissima fase, in cui da pochi mesi sono stati scoperti debiti occulti contratti sotto la presidenza-Guebuza da parte dello Stato mozambicano nel settore della difesa, per un ammontare di circa 2 miliardi di dollari, e di cui, a breve, si incaricherà di indagare una commissione di inchiesta tecnica internazionale, che il Fondo Monetario ha fortemente voluto.
Una fase assai delicata della vita politica mozambicana, con una guerra persistente nel Centro del Paese fra truppe governative e truppe del maggior partito di opposizione, la Renamo, in cui la violenza sta crescendo in modo esponenziale e visibile.
Valentina Guebuza è morta ammazzata dal marito: le reti sociali si stanno sbizzarrendo nel ricostruire la dinamica dell’omicidio, nel cercare di trovare le ragioni di un atto così barbaro, ma l’unica verità di cui è possibile parlare oggi è solo una. Che la “principessa”, l’imprenditrice di successo conosciuta in tutta l’Africa è morta come migliaia di donne muoiono ogni giorno in Mozambico. Pochi giorni fa, uno studio pubblicato su diversi giornali locali ha rivelato che 6 donne su 10, nella capitale Maputo, sono passate da almeno un’esperienza di violenza sessuale. Molte altre sono uccise dai mariti o dai compagni ogni giorno. Certo, magari senza il ricorso ad armi sofisticate come una pistola, ma a pugnalate, accettate o altri mezzi ancora più rudimentali: ma il discorso non cambia. È la violenza che, in Mozambico, regola gran parte dei rapporti umani.
E non soltanto la violenza domestica, la più invisibile ma anche la più comune, nonostante i milioni di dollari spesi non si sa da quanto tempo per limitare il fenomeno, e nonostante che il Parlamento mozambicano abbia approvato, pochi anni fa, la nuova legge della famiglia e una specifica normativa sulla violenza domestica.
La violenza domestica rappresenta soltanto una parte della più generalizzata violenza che permea tutta la società. Contro la popolazione albina, per esempio, esiste una storica questione di intolleranza nel paese; tutto ciò che ha a che vedere con le fasce sociali “deboli” (bambini, anziani, portatori di handicap) costituisce oggetto di discriminazione diffuso e persistente; l’intolleranza verso le idee soprattutto politiche di chi la pensa diversamente è a livelli preoccupanti, come dimostrano i vari ranking internazionali su libertà di espressione e democrazia, che collocano il Mozambico verso posizioni ogni anno più basse, i vari omicidi “politici” cha hanno insanguinato il 2016, mentre la stessa Renamo ha trovato, quale unico mezzo per far valere le sue ragioni politiche, il ritorno alle armi dopo più di vent’anni di pace.
In questo clima, in cui la cosiddetta società civile sta dando segnali assai timidi di protagonismo, la cultura della violenza la fa da padrona, e le donne, molto spesso, sono le prime a pagarne le peggiori conseguenze. Non deve stupire, quindi, se anche Valentina Guebuza, nonostante l’imponente apparato di protezione di cui tutta la famiglia dell’ex-Presidente gode, abbia visto regolare i suoi problemi familiari col marito mediante la violenza più brutale che si possa instaurare fra due esseri umani, l’eliminazione dell’altro.
Più che speculazioni da fantascienza politica, la società mozambicana dovrebbe riflettere su come risolvere i conflitti familiari, sociali, politici, economici, etnici, religiosi che attraversano e attraverseranno anche nei prossimi tempi questo come molti altri paesi africani. Forse la morte di Valentina Guebuza potrebbe servire proprio a questo, nobile scopo.